drone.

faccio la cernita dei convenevoli che creano insofferenza tipici delle festività. misuro con metodo le distanze che sento nei confronti di quanto mi dimostro. cerco di essere il più preciso possibile ed il più distante che posso dal mio ego e dai miei desideri personali. molte cose mi rendo conto di averle facilmente allontanate dalla mia quotidianità, dai miei pensieri, soprattutto quando incontro una persona e sto parlando con lei, non con il mio ego. non dovrò dimostrarmi molto altro, o molto ancora così platealmente; mi concentro in questo senso sull’accanto. lo scenario si apre, il sipario che cerca di imitarlo invece crolla, svela la sua struttura di ausiliario temporaneo, dall’identità nascosta nel suo nascondere per dote. non ne raccolgo i pezzi, seguo freddo il corso spontaneo dell’evento, come quando in una sala osservo un film, dando fiducia alla creatività del regista. qui, il nostro soggetto, regista della sua vita, potrà finalmente esprimersi, come poche volte viene invitato a fare. e il nascosto prende forma d’ombra, acquista spessore, si colora di contrasti, mi racconta se stesso come solo il silenzio può fare; concedendoci i fraintendimenti del caso, rendendo poesia una storia. le mie capacità relazionali allora si riassestano, calibro eccellente che ripristina i cardini, costruisce i riferimenti su dati sempre più precisi. il giudizio non ha del tutto preso posto a riguardo, anch’esso veste il principio dello spettatore non passivo, anch’esso curioso della forma del grigio del suo stesso io, della completezza delle parti, della misurazione dei vuoti con i quali siamo troppo abituati a rapportarci senza considerarli. c’è chi si riempie di cultura, e sottolinea la propria insicurezza riducendone il contenuto da un armadio ad un cassetto, sempre più isolato quanto più compresso. mira il cambiamento alla distanza utopica, a quel forse inscritto in trasparenza su un orizzonte. si allontana spesso da sé, e diventerà talmente abile da confondere se stesso con la propria maschera, oppure a fonderli insieme, in una tipica scultura assurda.
un’onda di fumo accompagna il soggetto che cammina. egli pensa a come si potrebbe tradurre un suono preciso in parole; meglio se poche.