certo che non mi rimane nulla da fare. seduto al tavolo, tramite il divano, a fissare il punto vuoto più in alto di tutti, mentre gli altri parlano, usando codici che non decifro, nell’impossibilità del mantenimento di una certa mia stabilità, che mangiando pane nero e formaggio di sicuro non recepisco meglio, semplicemente mi riavvicino a cose che da moltissimo tempo non trovavo, le avevo lasciate indietro. con gli occhi gonfi cerco di riunire quei punti interrogativi che danzano immobili, per la stanza semideserta riguardo la luce, tra gli altrui incentivi: chiaramente mi viene da pensare che potrebbe essere pericoloso che io dia completo adito ai miei desideri, mentre dall’altro lato persone ora dovrebbero poter vivere la propria vita, tranquilli, come forse hanno sempre desiderato. a questo punto non contesto nulla, semplicemente perchè non capisco. trovo, ahimé, difficoltissimo capire il perchè..la semplice motivazione movente instancabilmente quel trattore, a cui, troppe persone, che sia per poco o molto tempo, aderiscono con fare gerarchico, nella sottile linea di confronto con una stanchezza che certo deriva dal non voler mantenere la propria esistenza nella gabbia che io avrei dovuto scegliere..senza neanche saperlo, ormai. lei è stanca, cerca di dormire; mentre io mi accorgo di non riuscire ad essere pienamente me stesso, nonostante sia molto compatto..propositivo al raggiungimento dei mie piani, che ancora non esistono. mi capita di guardare dalla finestra e sognare, nonostante lì di fuori ci sia giusto una strada, delle macchine, dei palazzi, e della pioggia, praticamente di presenza costante sull’asfalto, anche se non invadente. quindi chi sto cercando di impressionare, che qui non sono capace di cambiare aria, ed il mio messaggio è più rivolto a chi è ancora più lontano, del luogo dove dovrebbe esserci la “mia” casa. impartiamo allora interviste, cerchiamo di capire se queste giganti piastrelle sono si state locate con criterio; con una funzione che sia funzionale. intanto li vedo gli occhi che si chiedono perchè, dove, e cos’altro. nel ricordo di un sorriso che non è quello che ricordavo, nella speranza che lo diventi in futuro, quando per un breve periodo avrò altre partite da giocare, senza un avversario, nel completo incompleto controllo di me stesso, corrente verso il parco.

la cacca. perciò.

la finzione parla chiaro. allora osserviamo da soli spettatori il caldo fuoco che, finto, si stende sul cemento.