così dopo un paio di gettate d’acqua sulla faccia mi sento più lucido, fresco. mi sento più stabile rispetto a quando dico stronzate, spesso. rinnovo le domande che mi faccio su chi io creda chi sia colui/lei a cui mi rivolgo quando scrivo; mi do le stesse risposte spesso e non cito nessuno perlopiù per proteggermi. perchè potrei immaginare chi legge ma in realtà non lo so mai. è un angolo di me sempre esposto, con dovuta crema solare di protezione dagli abbagli. non mi piace che tutti vedano di me ma spero che qualcuno lo faccia. ma espormi pubblicamente è pericoloso. in bici sono solo, che io stia raggiungendo qualcuno o che stia andando a casa o a lavorare. ma è sempre lì che mi piace essere. quindi cosa dovrei fare? forse stare su delle ore e andare. il problema rimane l’atterraggio. non sono mai contento di dove mi fermo ma mi piace muovermi. vorrei fermarmi veramente. mi rifugio nel guscio del mutismo ed alle domande rispondo con frasi che ho già pensato. quel che credo di dire di nuovo è in realtà rimescolamento di quanto già pensai, chissà dove chissà quando. non parlo più con nessuno, semmai l’abbia fatto. cerco solo scuse per pedalare. mi stendo sul prato fresco ed aspetto quella mano che stringa la mia, mano quasi esanime. quella sua lacrima che lubrifichi il mio occhio.