bambino.

il corpo si illude di decidere la sua forma. mi dimentico di non poter permettermi di far finta che non sia passato un sacco di tempo, qualcuno se ne accorge per forza. funziona comunque sempre la fiducia, ti senti ancora lo smalto addosso fresco e quasi ti chiedi come sei stato tutto questo tempo a rendere forma alle tue idee, che tanto ci tenevi. l’importante è rimanere concentrati, non è una prova, non è un ritorno di fiamma, non voglio rimarcare l’illusione di good vibes che furono, non voglio sfruttare la capacità che noto che non si è spenta. sono qui per crescere di nuovo, senza che nessuno domani si possa lamentare che ho lasciato la carta in salotto, su un tavolo che viene concepito e curato per rimanere vuoto, immacolata figura di un’esistenza sdrucciolevole. conferma che fallire equivale a respirare. magari è meglio se non ne parliamo, ho bisogno di far finta che il tutto sia un procedere normale, da non discutere e da vivere. non posso assecondare così tanto il silenzio. il mio cervello si impossessa della mia mente, si mette su un piano di agibilità superiore a quello di tutto il resto. riesce a creare un mal di stomaco dal nulla, riesce a farmi dimenticare i miei desideri, i miei sogni e i miei sentimenti. la mia fortuna è che ho sempre potuto sfruttare la creatività per poter raccontare questi strani aspetti del mio io. posso sempre contare sul raccontare che questa forma espressiva si colora di esagerazioni ed ispirazioni dalla realtà, talvolta a permettere di convincermi che solo tali erano, ma il mio male risiede altrove, in pensieri dimenticati e ricordi impantanati. allo stesso modo anche tutte le altre possibilità espressive si sono macchiate di questi procedimenti, riesco ad esprimermi solo attraverso i pensieri e le mie azioni si bloccano nel nascere, rifugiandosi in imbarazzi e timidezze degne di quello che sono. e allora chi racconta tutto questo? è l’elaborazione del mio cervello a dare forma sia alla sua sofferenza che alle spiegazioni di questa? può un unico essere cadere in trappola al suo stesso male? non ne sarei così preoccupato se non avessi solo ferito me stesso. che mi piaccia pensarlo o meno non sono un vero solitario. sarebbe da ruffiano e vigliacco scusarsi qui con chi ho ferito. anche se fosse la completa realtà quella che sto descrivendo ora non sto facendo altro che esprimerla in una forma educata, matura ed in maturazione, artistica, liberatoria con tratti di tentativi poetici ed emotivi. sto scrivendo, chi sa quale lato del mio io sia realmente a farlo adesso. chissà infatti cosa dicevo quando giocavo da bambino. chissà, magari è lì che si sono bloccati i miei ricordi, il mio avere fiducia nel creare, il mio essere libero. e allora aggiungo un layer in più a questo articolo, che sia parte della finzione o no, lo pubblico senza rileggerlo, rompendo il meccanismo stesso della finzione dichiarando di dichiararlo, dove furbescamente mi sto nascondendo.