baritono.

facciamo prendere sonno alle mie certezze. esse, già assopite dal non agire. oggi la pioggia ha il colore della nebbia. fredda l’aria adagia sulle ossa, nella pelle. dovrei guardare seriamente a chi sono, dal basso verso l’alto, e concentrarmi sugli unici occhi che non posso e mai potrò conoscere. il mio essere ragazzino percuote le manifestazioni della mia esistenza, portandomi alla mente che per molti non posso essere quello che penso, soprattutto quando certe cose non sono mai uscite dalla mia testa, e soprattutto quando qualcuno non mi ascolta o mi ignora. inutile fare i conti con me stesso ora, che questi siano anche solo silenti, in un momento di così pregno sentire. vestiamo il velluto della nostra immaginazione e limitiamoci al tendere le corde di un pianoforte che non suoneremo ma che sarà sempre pronto al farlo, quel giorno che da anni rimandiamo. se ne verrò a capo rischierà di essere tutto un ricordo, e non sempre i ricordi sono benvenuti. intanto il suo corpo cede, alle sue parole ed al mio posare, subisce le imposizioni feroci della cultura e di un’educazione dimenticata. i suoi occhi perdono energia e riposano come quelli dell’animale che ha deciso di porre fine alla costruita tenacia a cui è stato obbligato da sempre. oggi vuole essere se stesso, ma il suo corpo gli ricorda in quale lunga trama si è intrecciato, e non può più sfilare il suo reticolo, la struttura ha dimostrato senso di cedimento. non si può scherzare a lungo con la mente, meglio esserci sinceri da subito o sarà comunque sempre più tardi e sempre più amaro, quell’auto-confronto trascurato. alzati ragazzo, seduci il tuo corpo, trattalo bene e godi della tua forza naturale. io devo riprendere con l’officina dei miei problemi, a costruire gli ostacoli adatti al percorso necessario. spero avanzando di potergli restituire le fatiche maturate negli anni, e sentirmi non più schiavo di un senso d’appartenenza nauseato da quanto gli è stato obbligato all’età in cui avrei solo voluto correre e ridere, giocare con la sabbia e mostrarmi timido a chi mi piacesse; anche per me oggi si presenta quell’impossibilità di operare sul vissuto, meno prepotentemente, meno pesantemente di come sulla sua schiena si scagli di nervo. è tutto indigeribile oggi. il mio sorriso è acre, gli occhi feriti. ho perso una fiducia che mi ero imposto, che mai ebbe la possibilità di porre radici nella sincerità. il cielo si è tinto di grigio e pioverà per giorni. nessun’altra occasione migliore per passeggiare al rifugio degli sguardi nemici dell’acqua. la ricerca di una grazia contemplabile solo nella realizzazione di un amore. forse è già inverno, ma più sicuramente il freddo che percepisco abita il mio interno. niente di più stimolante per la mia pigrizia, niente di più invitante per la tua innata capacità di riscaldare un animo affine. ti auto invito, ci provo. disegno quello che vorrei accadesse. scrivo di quello che ho provato. penso di quello che vorrei portare ad uno schermo. immagino di te, capolavoro di un caos.