il dolce essere femmina, e vivere ad essere sedotti dai prodotti intellettuali più che a trarne gaudio. sentirsi rapite da quanto crea godimento piuttosto che essere cosciensiosamente portate a farne terreno fertile su cui operare. cicatrizzare la bellezza. incorniciare l’attimo e cercare di riviverlo, piuttosto che passeggiare con un amico senza pernsarne lo sviluppo fisico della relazione. possa non venire istintivamente frainteso. pensavo che fossi io ad esserne sessualmente costretto nel farmi ingoiare dall’istinto, cosa marginalmente presente, istantanea e poco considerata. non sono come te io capace di permettere al mio intelletto di includere sofisticatamente la mia voglia sessuale. fortuna mia. posso godere di un prodotto senza esserne attratto, o, come disse lei, rapito. so che non ti giustificheresti forse in questo. vorrei lo accettassi abbracciandomi e che, come me con te, me ne parlassi. cos’è?! che pensare che il corpo possa rimanerne indietro sia un problema? ahìnoi che crudeltà. nei tuoi confronti soprattutto. non serve, non sempre, mescolare carte che sono già in ordine. non serve dettar legge dove legge non c’è. che ce ne sia o meno mi sforzerei d’essere più che dire. e possa vomitare quanto non ho fatto; soprattutto ogni desiderio che con enigma mi hai chiesto, ed io, troppo cosciente, non ho colto, tantomeno decifrato. non v’è spazio per la mia sincerità oltre i tuoi occhi, che capiscono sempre. mi dispiace vedere flagellata la tua intelligenza. mi dispiace non averti anche fuori dalle tue pupille. ma quello che v’è dentro diventa spesso sempre più grande e distraentemente paranoico e deviante. il qualunquismo lasciamolo pure ai dirigenti.
spero di non averti sedotto. altrimenti io avrei centrato il punto, ma tu, si, avresti sbagliato ancora.