pigione non pagata, a causa del non aver compreso il suo ammontare: ieri, nella grossa città, ho sbagliato(come al solito) a recepire corporali messaggi, o meglio, a rispondervi.                                                                                                                       ma poi ch’è successo? ho forse infastidito quel fiore di cui tanto parlo? ho forse fatto cazzata a non sfiorargli delicatamente i petali? oppure è semplice non-interessamento?                                                                                                                        ma quell’incoscie cose che vedo non mentono: sarà nel tempio ch’ello voll’essere accudito e corteggiato? e lo spavento della stranezza l’accolse una volta entrati in una sfera più privata; se è così a che mi serve ora possedere vari contatti e conoscere dov’è ubicata sua casa? a nulla, se è così.

ho sempre quella terribile sensazione d’invadere, tremenda; non voglio certo recargli noie, ma quand’esso trase in macchina i suoi petali rilasciarono profumi creanti incredibile inebrio. ed io, scemo, evocavo solo quisquiglie.

bisogna però smettere, far si che il carattere emerga per quello che è, togliendosi quelle cazzo di maschere: tutti gli ammodini gentili non sono più voluti, né da me nè da nessun altro; or basta ancora, non più voglio innaffiar coi pensieri quel terriccio che già sembra bagnato, e non creder di non poter capire, che è più chiaro di quanto possa sembrare, piccolo fiore. è mia causa qualsivoglia colpa di questa non ancora iniziata relazione di sguardi e di intenti che non vuole cessare che vuole migliorare ma che manca di quel razional saper lasciare parlare il cuore che non più ha libertà d’espresso lì quando si è così vicini da potersi scrutare, che dir oltre che t’amo e che sei estremo fiore, che aggiunger a tutto questo volerti in mezzo le mie braccia deluse dal non poter stringer più niente che non sia quel sudato cuscino che quas’odio, e ti vorrei avere al suo posto, te asciutto e con tutti quei petali scuri ma chiari che profumano e che son morbidi e che vorrei accarezzare non più con i sogni e che vorrei baciare non più con sguardi che passano inosservati, e sfrutto l’onda che scorre e spero nel possibile futuro in quel mondo che ho voluto riscoprire che vorrei provar a vivere con te, che sei un fiore in mezzo a questa terra di deformi.

se ti va, non ti va, non lo so.

manco rileggo, ritento una traversata empatica e subitanzi vengo trafitto da un fulminaccio tremendo: quel vago sentore che forse essa pensi ch’io volla comprarla con doni e favori: e qunto spero non sia così. maledetto quell’essere che così molto m’influenzò in età da latte, tra fronzoli e scossoni ai bocs. non farcela più mi porta a sentirmi fraudatamente repellente a sforzi intellettivi di pazienza. intanto leggo qua e là, e tanti sono che mi cercano, che desiderano succhiarmi materia grigia mentre io irrimediabilmente penso a lei, la sogno in altre vesti, con me.  solo cazzo di sogni.