attraverso una cascata trovo la dimensione ottica che in questo momento mi aggrada. altresì l’umidità mi impedisce la maggior parte dei movimenti e infastidisce nel mio percuotere continuamente le punte dei piedi contro le rocce, o qualsiasi altra superficie più dura delle mie ossa. assaggio per sbaglio le gocce del mio sudore che disgustano la mia ricerca d’equilibrio psicofisico. le vibrazioni del terreno spaventano i miei pensieri. appoggio la schiena su di una roccia alta e liscia, dove sia presupposto che niente possa sorprendermi al di fuori del mio campo visivo. in un treno di visioni si ripropongono i soliti fantasmi e la memoria dei sensi prende forma nei miei personali archetipi a riguardo. cerco di ricordarmi i visi a cui sono più affezionato, in senso visivo, nei materialistici desideri degli istinti. cerco di intuire un cooperare non dichiarato a mio favore, sono sicuro questo dipenda solo da quanto stia ascoltando ora. oggi ci facciamo passare per buono quanto un domani limiterebbe la nostra digestione di pasti fatti per convenienza ignorando i bisogni. mi guardo attorno continuamente e faccio finta di avere qualcosa a cui pensare; immagino di scivolare agitando la gamba nel vuoto, chiedendomi  fino a che punto possa spingersi l’illusione dettate dalla mia memoria percettiva. immagino di spostare una sfera inesistente con i piedi, danzo sull’erba bagnata che idrata la pelle delle mie gambe mentre il sole uccide le mie energie. continuamente mi assicuro che io sia solo, a favore della stabilità delle mie visioni. apro la mente per il tentativo di permettermi di memorizzare il colore delle foglie in un controluce opaco, che definisce la densità dell’aria, già notata dal mio respiro e dal lacrimare saltuario delle mie parti più sensibili. non ho niente da dire oggi a nessuno, cerco di trasmetterlo nella durata di pochi battiti di ciglia agl’occhi che incontrano i miei, perché oggi le mie parole sono pesanti ed il mio tono di voce non riesce a quietarsi. la culturalità dell’operare altrui mi collocherebbe definitivamente in una dimensione che non appartiene al mio carattere. i pruriti ovunque sulla schiena rallentano il mio procedere verso la non destinazione che mi sono prefissato, in quel percorso obbligato dalle cose, dove abbiamo notato che non esiste il caso se non dove lo assoggettiamo con la prepotenza di notare qualità teorizzate in qualcosa di estraneo alle regole della nostra cultura ma a cui, spesso questa, sorrido, si ispira. allora cos’è che raccontiamo quando intuiamo qualcosa nei movimenti della natura? quante bugie non ci siamo detti ancora? entrambi sappiamo comunque di quale bellezza è rivestito il percorso che stiamo attraversando. ed è nel percorrere che sappiamo riconoscere quell’esperienza che un giorno, probabilmente, racconteremo. se si fa tardi già conosciamo le nostre angosce del risveglio, e se appoggerai la testa sul mio petto sentirai quello che provo quando passo del tempo con te. proprio mentre cercavo il vuoto nella totalità del mio essere ti avvicini tu, ed il mio ritmo cardiocircolatorio cambia, il mio affanno aumenta, le mie gambe perdono stabilità e mi sento completamente assopito da un’esigenza chimica di stringerti la mano e accarezzare la tua pelle. la motivazione che nel mio nulla stavo cercando oggi l’ho trovata e, come ieri, e come domani, sei tu.