che schifo dolcimissimo.

unto, la percezione di polvere grassa sulle mani e quell’incredibile fastidio trattante la consapevolezza di non potersi togliere di dosso nulla. fastidio insofferente. nell’arco di cento metri c’erano il venezuela ed il texas, inconcepibilmente, nel cantiere di un fiume..mentre qualcuno costruiva la natura c’era qualcun’altro che sudava e si rotolava nello zozzo, dopo aver bevuto cose calde e di uno schifo schifoso. purtroppo non posseggo dei cingolati con cui passeggiare, altrimenti sarei stato più a mio agio e senz’altro ne avrei approfittatto per appiattellare un qualcuno qualunque..la scelta era immensa. l’aridità, anche nelle idee, ancor più tristemente nel non luogo dove queste nascevano; proprio lì l’aridità mangiava i miei desideri creandomi surrelista-nonsense nello sfogo di un non sviluppo deprimente. quante soddisfazioni hanno cessato di pretendere di poter esistere, quante realtà ho riscoperto presenti..le avevo dimenticate molto volenterosamente. e quanta disidratazione devo sopportare, propr’io che non ne so stare insieme, che la soffro. quanto tempo servito a poco, a desiderare d’essere altrove, ma con le stesse persone con cui comunque eravamo lì; almeno questo. poi in periodo di luna calante, in cui ogni forza propositiva s’è auto sotterrata nella mia stessa incapacità di mantenere vigorosa una incerta dignità che non ricordo di aver mai avuto, nel tentativo di auto-punizione fisica, da parte di quell’intelligenza frustata e frustrata. e non ce ne metto qui di parentesi, era tutto parte di un niente avente forma, di un tutto in generale..la mediocrità scialba sposata con una blasfemia di convenienza tipica della più vicina pianura. il sudore nella sua olezzosità più acida, pronto ad attingere a corpi terzi con le sue azioni; terzi che vogliono dimostrare altro: ma, perbacco, terzi presenti in un contesto in cui la propria forza intellettuale era depotenzializzata, offuscata ed annerita da tutto quel sudore, acido ed onnipresente. c’era più creatività in alcuni-non-più-giovani che tentavano di stendere lattine con i sassi, che poi era cornice di qualcos’altro..qualcos’altro presente solo in quella zona d’ombra, e nelle menti di qualcuno di noi. ed alcuni facevano il fuoco, senza conoscere minimamente cosa evocavano; anzi ne traevano poi forza per cucinare dei cadaveri..per cospargere l’aria di altro grasso sciolto, unto e schifoso.

ascolto tragedia..non potrei fare altro..traducendo tutto il loro amore in sfoghi rabbiosi da giovine che comunque sarebbe rimasto insoddisfatto.