goodbye tomorrow.

il posto dove andrei volentieri a fare una passeggiata, oggi, è molto lontano. come sempre mi viene spontaneo collocare gran parte del mio immaginario altrove, in una sfera d’irraggiungibilità talvolta economica talvolta fisica. le lunghezze hanno sempre saputo accompagnarmi, negli affetti, nei sogni. sarà che sono sempre stato abituato a fare molti chilometri per raggiungere quelle piccole realtà a cui la nostra famiglia si è legata, dove poi, ognuno, vi costruiva la sua dimensione, il suo equilibrio. realtà spesso molto differenti le une dalle altre, tutte con quel fare domestico e sincero. io, scricciolo, saltellavo qua e là disseminando spesso panico di smarrimento. la mia curiosità era tale da potermi guidare attraverso situazioni personali e chiuse, che s’aprivamo al mio non bussare molto forte, destando poi io la curiosità altrui sulla mia postura, sul mio sguardo. le innumerevoli conoscenze portate a termine in questo modo, nelle mie corse attraverso lo spazio, spesso al buio, perchè sotto il sole mi si nota molto di meno. ricordo i racconti di chi mi vedeva piccolo sulla bici che correvo; urlavano il mio nome ma il walkman urlava più forte. poi la spiaggia verso sera, quando il tramonto trova la sua perfetta cornice, a piedi nudi verso il grande sasso e ritorno. lo sguardo sul moto silente dell’acqua a largo. i giochi prendevano forma semplice, non c’era bisogno di molto altro. i sassi lisci permettevano di farmi fare grandi disegni, e la sfida era di farli profondi abbastanza che resistessero alla prossima onda. finchè la mamma si affacciava al muretto e mi chiamava. grande fortuna avere come unica barriera dal mare il muretto e la spiaggia. poi arriva la sera, si cena quando la luce sta per spegnersi. poi il relax di quell’oretta in cui si avvia il rilascio del grande calore assorbito in tutto il lento giorno. poi si va in giro quà e là. sempre abbracci, sempre grandi risate, sempre scherzi, sempre la necessità di isolarsi ogni tanto e respirare. poi la notte a cui pochi sanno resistere, sempre qualcuno che si abbandona, tra la sabbia e le strade bollenti. a far sfoggio di buon umore. poi si torna a casa, e la notte prende forma nei suoi colori, la luna decide il grado di luminosità dei suoi granelli. le ore che non si contano a fissare il cielo, il buio che con tanta fatica talvolta non si trova. le agende che raccoglievano tutte le riflessioni riguardo le situazioni distanti, da cui mi ero preso riposo, per fissare l’orizzonte e sognare quel giorno in cui mi sarei perso alla ricerca del niente nel mare aperto. gli insetti che escono dalla sabbia e scappano. i vermi sotto i tronchi marci di legna arrivata da chissà dove. le dighe per fermare il torrente inquinato e salvare il nostro mare. la piscina zozza da cui tirar fuori i bambini in vacanza e spiegargli che c’è il mare non distante da lì, forse non l’avevano notato. convincere i genitori che non c’è nessun problema, che siamo dei locals con bagagli di avventure che talvolta fanno guida ad adulti un pò spaventati e costretti a fidarsi di marmocchi che sghignazzano e fanno tesoro delle loro mille storie. tra le distanze si aggiunge quella del tempo, del tempo cane. la notizia che la povera nonna è alle strette, che non sono più gli anni ’80 e che quella casa potrebbe cambiare proprietà, perchè se no non si campa. vorrei fare quella passeggiata proprio lì, con il limite dell’acqua al fronte, che sa darmi sicurezza delle direzioni che non prenderò, di quel limite che mai avrò capacità di attraversare. di quei pochi metri minimamente a me noti che, però, quando giocavo sott’acqua sapevano darmi l’illusione di volare, con amici più grandi dieci anni di me. quante buche scavate per trovare altra acqua. io che mi chiedevo che ci fosse. e quelle macchie bianche nel cielo, che accerchiavano tutte quelle stelle che ogni tanto abbiamo provato a contare. altre distanze stanno per aggiungersi al peso della gobba imbruttendo il mio rimanere fermo. per oggi mi accontenterò di una passeggiata nel vecchio borgo e di quella piazza che tante letture ha ospitato, gentilmente e favorendo il silenzio del freddo.