sono stanco di chiedere consigli agli amici, ho fatto quello che mi sentivo e aspetto di essere indirizzato. non posso andare oltre con il trascinarmi a viso contratto dopo il non averti accarezzato. io ho parlato a lungo nella vita, forse non ho più tanta esigenza quanta ne potessi avere tempo fa; dovrei diminuire la dose e accrescere quelle cose che si fanno in silenzio, la dimensione di un soffio caldo in una giornata di freddo autunnale. non credo di non essere stato chiaro. devi raccontarmi la verità, nient’altro acquieterebbe l’affanno cardiaco. pensi tu possa farmi del male? credo sia opportuno considerare la potenzialità dell’immaginazione, la dimensione dei sogni che si ciba di molte cose. io mi rendo conto di essere in attesa di una risposta negativa, e l’attesa logora tanto più della risposta stessa. non voglio obbligare nessuno a fare niente, sarebbe scorretto. faccio solo luce su un punto di vista magari rimasto troppo all’oscuro, mai considerato, o del tutto dimenticato. forse sto esponendo il mio bisogno d’attenzione, anche quando questa vuole attrarre una sola sorgente: bella come un ideale, scultura di un sentire ben radicato. qualcuno di invisibile si avvicina. i rumori non mi permettono di stare da solo. il cielo è completamente rosso, e cerco riparo dall’apparire altrui. alcuni non mi hanno capito del tutto, e io mi sono distratto da quelli che sono i miei obbiettivi. vedo il confine del ridicolo, perché sono abbastanza confuso nonostante ogni cosa sembra sempre più chiara. è una confusione non verbale e non cognitiva; è qualcos’altro che è stato scardinato, che non mi permette di alzare lo sguardo da terra, che vuole tenermi a digiuno, che mi protegge dalle distrazioni. manca del calore attorno al cuore, che combatte contro un inverno che ormai sembra perenne. non bastano due lacrime tirate con la forza, serve qualcosa di concretamente contro bilanciante. serve quello che cerchi nelle cose, convinto di non poterlo trovare del tutto nelle persone. abbiamo tutti il nostro piccolo tesoro da proteggere, ma io la mia ricchezza ho bisogno di condividerla, non vorrei mai morire accanto a una risorsa sprecata in questo modo. ci sono parecchie cose che non ti ho raccontato, ma ultimamente mi sono accorto che il contrario è anche molto più forte e quasi mi rammarico per la quantità di cose che spontaneamente ho esposto. ho quasi paura dei tuoi occhi; perlopiù perché i miei adesso non sono in grado di nasconderti quello che veramente vi è dietro. quanta fatica mi sono imposto, quasi a volermi male.
cerco forme nell’ombra, l’armonia del rumore scomposto e regolare accarezza il mio sguardo accecato. le palpebre incontrano polpastrelli immaginari. nel sonno sono obbligato ad abbracciare il vuoto.