torno seduto qui, e non come ieri ho saputo apprezzare tutta quell’acqua che cadeva per terra, e che cadeva sul vetro, che mi tranquillizava. nonostante tutto sono comunque seduto sulla solita sedia, a pensare a cose che senza questo luogo non esisterebbero, a provare emozioni sempre diverse ma incredibilmente analoghe. e qui sento sempre il bisogno di qualcosa che non ho, e che non posso avere, ed al contrario ci sono tante cose che avrei potuto desiderare ma che in realtà..ora cerco il volto di un’amica, le devo confessare un sacco di cose; è brutto il rendersi conto di dove io la stia cercando, molto brutto. però ella se n’è andata da quel coso, la cercherò altrove.

poi mi vengono in mente tutti i ripari sociali, così in un secondo, in un flashback cinematografico; penso dunque a quanto gli uomini passino molto più tempo ad arredare le loro prigioni piuttosto che cercare la via di uscirne, senza evadere bruscamente.

perciò ritornare in sé non è esattamente facile, plausibile; sono molto distratto e non me ne compiaccio, perchè oggi mi mancano delle capacità, ed il magnetismo lunare si fa sentire vivo e stronzo, possibile di tutto. che tu ci creda o no queste cose hanno grosse influenze, come quando c’è l’alta marea: mica pretendo di inventarmele certe cose. così anche il mio intenstino si ritrova scosso, mica rischio di farmela sotto, no no; ma parecchi/troppi processi disturbano il mio stesso pensare, così labile oggi, così fievolo il suo pulsare adesso. tento invano una risalita pur non avendo muscoli così permissivi, infatti non faccio altro che inseguire la mia coda..ma chissà perchè non compio dei cerchi o simil tali, probabile che stia seguendo quella di qualcun’altro. fatto sta che mi distraggo ugualmente, sempre più impercettibilmente. tra un punto e l’altro. sarò giovane ma mi sento vecchio, e vado a fare quattro passi.

basta leggere poche parole buone per rimettere in sesto i riferimenti spazio-temporali e tornare ad essere dove realmente si era: senza ambizioni e con tanta voglia di bere acqua, che qui è gratis e ce n’è tanta. il peso di tutti questi suoni e di questi umani che in questi momenti in cui possono essere più distesi non fanno altro che intervallare questa cosa alle loro azioni normali, facendo diventare quello che fanno adesso una semplice droga, che va razionata altrimenti si perde la testa.

e poi io non è che mi impegni particolarmente a mantenere veramente lineare la mia azione: azione essa composta da più azioni, le quali richiederebbero necessariamente una concentrazione praticamente disumana, anzi impossibile; non si dovrebbe neanche battere-le-ciglia. mentre mi stringe tutto attorno alla pancia, in febbrili sensazioni d’impossibilità di mantenimento delle facoltà razio-logiche. e dietro di me ci sono DUE cose imbarazzanti: 1- un corridoio dove vari soggetti(perlopiù over 30[e si capisce il perchè]) giocano dalle 21.00 alle 24.00 a sub(b)uteo(ricordi?). 2- dietro il corridoio dove si gioca c’è una sala riunioni dove ci sono soggetti che mammamia, e che mi chiesero di abbassare il volume, ma prima che arrivarono i sub(b)uters. questo mi fa pensare che non dovrei essere sempre io a credermi disperato, no no. lo dico prima di indagare le possibili emozioni che posson scaturire dai social network e del perchè la gente fa uso di queste cose senza aver nulla da pubblicizzare. hai qualcosa da far vedere? no? allora perchè ha aperto quella pagina/sito/porcodio? delle volte alcune cose mi sembrano veramente scontate.

vedo di distrarmi un pò. è quasi ora di far cambiare illusoriamente aria da queste parti.

praticamente sono un antisociale, e fin troppe volte pregiudico; sono un ingenuo. faccio finta di niente e torno a desiderare di andarmene da qui, perchè sono schiacciato qui. fin troppe sono le cose che non farei al di fuori di qui, è per questo che voglio uscire, mi sento quasi troppe responsabilità addosso. di quelle che non si desiderano. mentre alcune facce che passano mi sembra di conoscerle, ma il mio istinto antisociale vuole vederle in una gabbia che non sia la mia. tento il più possibile dunque di rimanere invisibile, rimanendo sempre più spaventato dagli altrui movimenti, che mi preoccupano alquanto. mi lascio quindi sconvolgere da muri di suono, forse invitando quei soggetti attorno a me a compiere gesta indecenti; spero di no, lo spero davvero. me ne sto qui, praticamente invidiando le strade che hanno trovato altri, che vorrei già percorrere alla mia età. sono giovane e ingenuo; devo imparare a stare zitto ed osservare. se non ci fosse tutta queste gente, e tutto questo rumore, e tutte queste persone, andrei dritto a guardare la pioggia da quel vetro, che adesso cade fortissimo. trovo quell’attimo di assoluto nulla in cui osservare l’acqua che corre. mi viene in mente di tutto. torno ai suoni di ieri. prendo i soldi di oggi. torno a credere che avevo ragione. mi rendo conto che sto giocando con le strade che potrei prendere. ma più o meno vado avanti. oggi pomeriggio ti ho fatta ridere. ho riso con te. non è che ogni volta che ci vediamo dobbiamo ridere. o io debba farti ridere. ho anche altre cose da dire. talvolta è il tuo autismo a non permettertelo. comunque oggi abbiamo riso e mi sei mancata. mi è tornato il freddo del marmo sulle chiappe ed il quasi lacrimare a causa di quanto ti raccontavo. mi emozionavo. e ti volevo bene. te ne voglio ancora. di certo te ne vorrò per molto tempo. mi fermo prima di aggiungere ovvietà. devo ricordarmi che sono giovane e ingenuo. sono parecchie le parole contate oggi e mi chiedo come sia tu a viverle, visto che le pause ch’io faccio non sono certo riportate, neanche simbolicamente: questo però è giusta rappresentazione del flusso che sto vivendo ora. mi sembra corretto. nei miei confronti. di certo non dei tuoi. con l’avanzar dell’intelletto, nelle relazioni, si danno molte più cose per scontate, con esperienza però; infatti si cambiano meno amici, si riconosce meglio quelli potenziali o meno. si odia sempre di più i giovani, o quelli che vogliono comportarsi da tali. cacca. ogni volta che vengo in questo posto mi dimentico di quello che dovrei fare, o che ho promesso di fare. è la musica che mi comanda qui. sono io che mi metto a sua disposizione. a suo cambio io cambio. comunque repello e non mi distacco da “certi principi”: tipo quelli delle virgolette. inizio dunque ad utilizzare uno dei miei sfoghi preferiti. rimango fregato, scuoto gli animi. poi per la sesta volta sono andato in bagno; sembra una malattia. parlo mentre maledetti registi fanno di tutto per trovare un identità filmica. froci. il cinema che vorrei fare io è diverso; diverso anche dal mito al quale mi ispiro, pur mantenendo lo stesso principio. sacrosanto(non in senso cristiano) principio.  vedo troppe poche disillusioni, mi dispiace per loro; in realtà quasi ne godo. è tempo d’andare.