non sento presente il rinnovamento del mio sguardo, ammesso che questo giovi effettivamente alla realizzazione di quelle aspettative che non esprimo quando parlo. altrimenti le metafore si richiamerebbero l’un l’altra, annoiando un’immaginazione già mai stimolata, costante sotto il controllo di scopi tristi. cerco l’attenzione di scricchioli di vecchie travi di legno che possano tranquillizzare il mio animo curioso. avvio quel processo di evocazione di pensieri attraverso la costruzione di ambienti ed umori, poi arriva sempre quell’agente disturbante che agisce a lancette d’orologio, come un ticchettio percuote la mia concentrazione e contemporaneamente cancella il tempo che definisce, ponendomi dei limiti dovuti all’organizzazione ad incastro degli impegni che non tutti sembrano rispettare o semplicemente capire. mi tengo alla maggiore distanza possibile con quello schermo dovuto alla mie esigenze e sempre cerca di romperlo per il goliardico tentativo di un contatto che non è benvenuto allo stesso modo dalle due parti, dovrebbe essere già chiaro da tempo; poi mi chiedo qual’è il senso di agire in questo modo per qualcosa non ugualmente desiderato da entrambe le parti, a favore quindi di chi cerca di essere timoniere di una manovra alle strette ma in pieno mare aperto, alle soglie del niente: io lo chiamerei egoismo. non mi è stato chiesto cosa avrei voluto io fare, o come avrei voluto io gestire il momento, come posso quindi essere partecipe di una cosa che mi è imposta? come posso obbligare me stesso al presunto piacere di una cosa? come posso convertire il mio dissapore in piacere? perciò agisco da muro e ascolto e mi viene naturale rievocare quell’immagine fissa di quando con mia madre, io piccino, si faceva visita ai defunti nonni e l’anziana vedova o l’anziana non più madre lamentava a voce alta e condivideva con i cipressi la sua sofferenza. guaio alla mia pazienza. il suo sorriso mi infastidisce, mi rimanda a quella terribile figura che mi proietta addosso quando mi guarda. ho bisogno uno spazio a me dedicato. ho bisogno di poterci passeggiare senza nessun tipo di interruzione. ho bisogno di un tavolo dove poter disegnare.