invidio chi conosce i segreti di realtà che mi affascinano, e la luce del sole cambia il colore di quel panorama che mi è permesso godere solo da un vetro, attraverso un percorso prestabilito da qualcuno che non conosco. un muro di cinta divide i due ambienti: quello in cui sono e quello in cui vorrei essere; un muro che obbliga anche un notevole distacco cromatico, una forte povertà d’architetture rafforzata da i colori che la compongono, scale di grigi che si inseguono a favore della perdita di qualsiasi stimolo. è il sole, appunto, a permettermi adesso di desiderare qualcos’altro. fortunatamente le nuvole azzerano gli stimoli di tutto, e mi facilitano la sopportazione dei miei limiti e di quelli che, sempre qualcuno, mi impone.

fortunatamente siamo allo stesso tavolo, l’uno di fronte l’altro e non guardandoci negli occhi ci sono comunque momenti in cui ci capiamo. a servizio della mia pazienza il mio cervello mi limita le energie, conoscendomi tiene maggiore riserva per quei momenti che mi butterebbero per terra del tutto. una primavera autunnale che ci rovinerà l’arrivo dell’estate, noi, sempre troppo esigenti dalle conseguenze dei nostri errori. cerco continuamente corridoi lunghi e quell’illusione di infinito che solo il mare mi ha insegnato; piccolo, non mi capacitavo di come potesse esserci qualcosa al di là del mio vedere, non mi capacitavo di come quelle distanze non fossero tali anche sui libri che mi dicevano di leggere, dove ci hanno abituati a pensare, dove ci hanno addestrato a favore di una società che non giova i nostri spiriti selvaggi. nonostante la nostra goffaggine naturale, oggi, sapere che mi stai pensando mi rende più bello. lo intuisco anche da come mi guardano gli altri, e da come non mi interesso di molti di loro, con la tua energia a saziare i miei sogni. è meravigliosa la tua presenza nei momenti in cui sono completamente solo ed in silenzio, a fissare il buio, immobile, a cibarmi avidamente di immagini proiettate in uno spazio ancora più buio della mia stanza, spazio protetto dalle mie ossa. cerco di immaginare presto anche il giorno in cui questi piccoli uccellini trovino la forza di provare il volo dal dirupo della mia fronte, altissima per entità così fragili e indifese. mantengo lo sguardo fisso su quanto mi aspetta, non mi volto mai indietro, quasi non ci riesco più. sembra che qualcosa stia per cambiare. sembra che la tua presenza sia sempre più fondamentale e insostituibile. mi pongo delle domande sulle mie abitudini e mi consola la loro flessibilità. tengo conto di quanto mi indispone e faccio le mie passeggiate a conferma della mia esigenza di movimento. capirò un giorno la posizione di quella destinazione che spesso mi immagino, intanto, sento l’esigenza di muovermi verso di te, sicuro di un sorriso vero.