le nuvole imitano gli alberi. ancora una volta dieci è il numero perfetto. bastonate contro cespugli vuoti, un domani che sa di già visto. non ho riposto fiducia nell’illusione di un inverno già presupposto opaco. apprezzo lo sforzo dei tuoi occhi di non ferirmi, è il nostro modo di amarci che mi sta regalando il profumo di un vento nuovo. strade non troppo vicine e i necessari ostacoli che vi si pongono in quello spazio che determina parallelismo. non posso invitare i miei disturbi ad assisterci, ma quantificherò il dispiacere della mia pazienza regalandoti uno sguardo raro. prevengo l’operazione che mi renderebbe sordo a mantenere lo sguardo basso. è primavera per tutti del resto. si riempie il terreno di oggetti masticati. capisco i tuoi sviluppi, ne guardo amareggiato e contento. sorrido al calare del momento in cui ho desiderato sognante di accarezzare il tuo profumo, necessariamente al tramonto, trovo forma alla mia risata isterica mentre capisco che tutto il tracollo che palperò sarà capace di uccidere un sacco di motivazioni, e se ne creeranno molte altre. sono portato ad esagerare, ma non mento mai. considero l’incontro un privilegio, è questo diventa parte del vedere il bicchiere mezzo pieno. già mi immagino a scavare caverne nell’ovunque e prima o poi capirò che non ci si può nascondere da se stessi. qualcuno si intromette facile sul mio sguardo e disturba i miei pensieri, sbatto la porta silente e senza cambiare espressione. rimuovo i ricordi di quanto mi ero promesso di fare. guardo la valle dalla collina, capace di intendere che alle mie spalle c’è altro. troverò motivazione nell’ombra. c’è chi si illude che io li stia guardando, percepisco il sapore dei gas del mio stomaco. continuo ad accumulare oggetti in uno spazio che mi costringe ad un claustrofobico singhiozzo. faccio suonare le frequenze che sanno farmi allargare la percezione, e trasformare i centimetri in metri. innocuo, mi accarezzo l’addome immaginando quanto avrebbe potere di rilassarmi. non esiste genere di conforto per la sfiducia esistenziale nel futuro e nel futuribile. siedo garbato accanto al tuo sorriso, concentrando il campo visivo sui colori degli anni. sento di meritarmi di più. propongo al mio cervello una pausa vera, in un contesto di immagini familiare, inseguiremo le soddisfazioni domani. assecondo come un amico il tuo operare distratto e distante da lati del tuo sentire che mi hai mostrato; non mi offendo, è fuori dalle probabilità. ho perso le fasi della luna a te favorevoli, che per me furono impervie. mi affido alle certezze del tempo, che passando mette ordine al caos dei pensieri. so di non dover ascoltare continuamente i tumori del mio conoscere. farò silenzio, costringerò il mio fuoco a divampare verso quanto non può bruciare. urlare soddisfatto dopo l’avvenuta crisi della mia tranquillità, finalmente solo, come desiderai, come speravo non accadesse, come immaginavo non fosse. rompere i vetri a pugni chiusi. oscillo anch’io sulle certezze che sono sicuro di non avere. mi chiedo se ne valga la pena già conoscendo la risposta. sono curioso del futuro e non provo spaventi riguardo le delusioni che so mi colpirebbero di più. sornione mi guardo allo specchio, faccio la cernita dei punti deboli. metto pace a voci che esistono solo nella rielaborazione precoce e superficiale di altrettante voci, nate sterili, quantificanti la desolazione del nostro buon umore. vieni vicino e lasciati raccontare le tue bellezze, possano queste aggrottarti la fronte e farti mangiare le dita, durante la passeggiata del tuo io nel ricordo dei tuoi errori. non vorresti sbagliare di nuovo, non vorresti deluderti ancora. non facciamo dell’incontro delle nostre mani qualcosa di abituale, edifichiamo un immaginario che possa andare oltre i limiti culturali della definizione di amicizia. partecipiamo al collasso delle certezze che ci hanno raccontato, come sappiamo sicuramente ne gioveremmo. fingo di stare bene da sempre solo per non essere disturbato dal chiunque. richiamo la tua attenzione continuamente non sempre convinto e contento di farlo. ancora sorrido; capisco di aver raccolto in questo sfogo quell’insieme di pensieri che non volevo portarmi dietro oggi, sono contento di averlo capito. se oggi è stata una giornata poco interessante lo dobbiamo alle nostre distrazioni. prepariamoci a contenere le novità senza esaltare i veli che le coprono. le analizzeremo sereni quando sarà significativo vedersi.