meritatamente prendo coscienza di quanto mi porto alle spalle. lascio fare contorno alle parole altrui mentre prendo posizione nel raggio dei fastidi che l’ognuno si porta sempre con sé. beviamo quello di cui qui ora disponiamo. facciamo scherno di chi non assomiglia ai nostri ideali; talvolta odiamo, con l’odio dell’insoddisfatto. a perdifiato, mi sforzo a non ripetermi; con calma poi mi rendo conto delle lacune della mia memoria e alleno il vocabolario dei miei ragionamenti postumi, sempre più presenti nelle discussioni. facciamo fatica quando siamo stanchi a gestire tutti quegli sguardi. fisso il vuoto a tentare di capire chi ha permesso al mio sorriso di aprire una breccia notevole nell’umore. aspetto allora la carezza sulla mia pelle irregolare, sulle mie forme irriproducibili per i canoni di uno standard lontano dal fascino dell’autonomia. critico aspro il colore del prodotto dei tuoi discorsi, ai miei piedi, a macchiarmi le scarpe e a farmene sentire l’odore per il resto del giorno. asporto ogni simpatia dal mio sguardo e fortunatamente già qualcuno muove il capo dal lato opposto alla mia espressione. la pioggia descrive il mio animo, tutto macchia e libera l’aria asfissiata dai suoi abitanti. nessuno sconvolgimento per i bambini seduti al muretto, a fissare come tutto quello che gli hanno insegnato non esiste in quello che guardano fuori dalle mura di casa, perché in molte strade la televisione non prende forma. non ho visto niente signora, non ero qui. non hanno ancora inventato un sapone che possa lavare dagli occhi quanto abbiamo appena visto. gli obbiettivi della giornata sembrano dissipati nelle sorprese di incontri fugaci. sappiamo entrambi cosa non succederà, e ne siamo contenti, abituati a sognare quanto non vorremmo veramente. contiamo le foglie mentre il vento le spazza via; il paesino in cima il colle ha la vista su tutto, e prima di noi conosce come ci sentiremo. non ci curiamo del bussare alla porta, e mentre mi parli osservo chi commette i miei errori di ieri. comunque ascolto il tuo discorso, comunque mi interessa. non siamo fieri del nostro rimanere fermi sulla terrazza a giudicare i condomini. guardiamo al domani come ci guardiamo i piedi mentre camminiamo, solo attenti a non sbagliare passo ma senza dare quell’importanza decisiva alla direzione. teniamoci più vicini possibile ora che smette di fare freddo, camminiamo sulle foglie secche e forse un giorno ci baceremo, sotto il sole della mezzanotte.